Democrazia e religione
di EZIO
MAURO
"Finiamola".
Con questo invito che ricorda un ordine il Cardinal Segretario di Stato della
Santa Sede, Tarcisio Bertone ha preso ieri pubblicamente posizione contro
l'inchiesta di Repubblica sul costo della Chiesa per i contribuenti italiani,
firmata da Curzio Maltese. "Finiamola con questa storia dei finanziamenti alla
Chiesa - ha detto testualmente il cardinal Bertone - : l'apertura alla fede in
Dio porta solo frutti a favore della società". Per poi aggiungere: "C'è un
quotidiano che ogni settimana deve tirare fuori iniziative di questo genere.
L'ora di religione è sacrosanta".
Non ci intendiamo di santità, dunque
non rispondiamo su questo punto. Ma non possiamo non notare come il tono usato
da Sua Eminenza sia perentorio e inusuale in qualsiasi democrazia: più adatto a
un Sillabo.
L'attacco vaticano riguarda un'inchiesta giornalistica che
analizza i costi a carico dei cittadini italiani per la Chiesa cattolica, dalle
esenzioni fiscali all'otto per mille, al finanziamento alle scuole private,
all'ora di religione: altre puntate seguiranno, finché il piano di lavoro non
sia compiuto.
Finiamola? E perché? Chi lo decide? In nome di quale
potestà? Forse la Santa Sede ritiene di poter bloccare il libero lavoro di un
giornale a suo piacimento? Pensa di poter decidere se un'inchiesta dev'essere
pubblicata "ogni settimana" o con una diversa cadenza? E' convinta che basti
chiedere la chiusura anticipata di un'indagine giornalistica per evitare che si
discuta di "questa storia"? Infine, e soprattutto: non esiste più l'imprimatur,
dunque persino in Italia, se un giornale crede di "tirar fuori iniziative di
questo genere" può farlo. Salvo incorrere in errori che saremo ben lieti di
correggere, se riceveremo richieste di rettifiche che non sono arrivate, perché
nessun punto sostanziale del lavoro d'inchiesta è stato confutato.
La confutazione, a quanto pare, anche se è incredibile
dirlo, riguarda la legittimità stessa di affrontare questi temi. Come se
esistesse, lo abbiamo già detto, un'inedita servitù giornalistica dell'Italia
verso la Santa Sede, non prevista per le altre istituzioni italiane e straniere,
ma tipica soltanto di Paesi non democratici. In più, Sua Eminenza è il Capo del
governo di uno Stato straniero che chiede di "finirla" con il libero lavoro
d'indagine (naturalmente opinabile, ma libero) di un giornale italiano. Dovrebbe
sapere che in Occidente non usa. Mai.
Stupisce questa reazione quando si
parla non dei fondamenti della fede, ma di soldi. E tuttavia se la Chiesa -
com'è giusto - vuole far parte a pieno titolo del discorso pubblico in una
società democratica e trasparente, non può poi sottrarsi in nome di qualche
sacra riserva agli obblighi che quel discorso pubblico comporta: per tutti i
soggetti, anche quelli votati al bene comune. Anche questo è un aspetto della
sfida perenne, e contemporanea, tra democrazia e religione.
(la Repubblica, 25 ottobre 2007)