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Storia dell'assedio di Lisbona
L'uomo
più saggio che io abbia mai conosciuto non sapeva né
leggere né scrivere. Alle quattro del mattino si alzava ed
usciva nei campi, per prendersi cura delle mezza dozzina di maiali la
cui fertilità sostentava lui e la moglie.
Inizia così, con il ricordo dei nonni, il discorso
in occasione del Premio Nobel per la letteratura, assegnatogli nel
1998. Settantasei anni prima, José Saramago nasceva in uno
sperduto paese del Portogallo, lasciato a quattordici anni, quando
la famiglia si trasferisce a Lisbona.
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Terminati
gli studi, lavora per alcuni anni come meccanico di automobili,
quindi diviene revisore di bozze, iniziando un lungo apprendistato
nel mondo dell'editoria, dove tenta senza successo la sorte come autore
nel 1947. A proposito di quel periodo egli stesso
ricorda: Diveniva abbastanza chiaro ai miei occhi che non avevo
nulla di interessante da dire. Per diciannove anni, fino al 1966, fui
assente dalla scena letteraria portoghese, dove poche persone possono avere notato la mia assenza. |
Saramago riceve dal re di Svezia il premio Nobel |
La Nobel Lecture
inizia con il lungo omaggio sopra accennato perché l'autore
deve al nonno, creatore di mondi fantastici con appena poche parole,
affabulatore di razza, la passione per le storie. Saramago vi
sostiene di essere diventato ciò che è grazie ai suoi
personaggi: ogni creazione è diventata parte di lui,
trasformandolo. Al punto che la lecture ha
per titolo: Come i personaggi diventano maestri e l'autore il loro
apprendista. Il romanzo che gli dà fama mondiale è Una zattera di pietra,
scritto a sessantaquattro anni. Narra del giorno in cui la penisola
iberica si staccò dall'europa, fisicamente, iniziando una
lenta deriva a sud, nell'oceano. Di alcuni anni dopo è La storia dell'assedio di Lisbona, in cui cerca di applicare ad un fatto realmente accaduto l'esperimento solo ipotetico della zattera di pietra: cosa succederebbe se. Se un oscuro revisore di bozze, per esempio, nell'atto finale della correzione di un libro,
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l'ennesimo
sulla storia dell'assedio di Lisbona del 1147, decidesse di inserire la
parola 'non': i crociati non accettano di prendere parte a fianco
del re Afonso Henriques nella sua riconquista del territorio del
futuro regno di Portogallo, e proseguono per la terra santa. Una
'svista' che non passa inosservata, ma che trova, tra gli adirati
superiori di Raimundo Silva, questo il nome del revisore, una donna
curiosa che gli propone di scriverla davvero, la storia
dell'assedio com'è andata dopo che i crociati hanno scelto di
non parteciparvi, le gesta della sconfitta dei mori ad
opera dei soli portoghesi. La scrittura è difficile: ricca,
abbondante, un barocco asciutto. Un respiro lungo che non trova posa,
è stato scritto.
Dove ci aspettiamo un punto si trova una virgola, ed in luogo delle
virgolette sono le maiuscole ad aprire i dialoghi, che scorrono uno
sull'altro, senza mai andare a capo. Difficile ma esperta, così
che la storia dell'assedio avvince, o almeno convince.
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Rivedere il passato ha insegnato la lezione del dubbio. Da qui l'opera successiva, Il vangelo secondo Gesù. Sul sito della Einaudi si legge:
«O Evangelho segundo Jesus Cristo
(1991) è sicuramente uno dei libri piú belli - e sofferti
- di Saramago. Come pure è quello che piú di tutti ha
scatenato critiche feroci da parte del clero ortodosso sia portoghese
sia italiano che ha definito blasfemo e sacrilego il romanzo. |
Veduta di Lisbona
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Un
Vangelo, invece, terribilmente umano, e che permette al lettore di
sentirsi "spiritualmente" vicino alla figura del Cristo, di un
Gesú
riportato a dimensione umana, "pover'uomo" come tanti altri "poveri
uomini" di questo mondo, peccatori e non. Prima, neonato come tutti gli
altri, poi in perenne lotta tra questo mondo, quello degli uomini e
delle donne, dell'amore e del dolore terreni, e il mondo soprannaturale
- quello del Padre - che non riesce a capire, i cui fini, e confini,
sono a lui, come a tutti gli uomini, ignoti e imperscrutabili. Fino
alla morte, non desiderata e non voluta, lui stesso ignara vittima
sacrificata a una divinità indifferente, ingannato».
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Il vero cognome sarebbe dovuto essere soltanto de Sousa, ma l'ufficiale dell'anagrafe in quel novembre del 1922 volle aggiungere il soprannome con cui la famiglia paterna era nota al villaggio, Saramago, una pianta selvatica le cui foglie servono come cibo povero. José Saramago, Giuseppe Cicoria, o qualcosa del genere, anche se in italiano verrebbe più da dire Italo Calvino, per la profonda complessità dell'intreccio e della scrittura, con esiti di leggerezza. E per la fantasia e l'ironia come grimaldelli per entrare dentro la realtà. All'opposto della realpolitik; cosa succederebbe se. |
Recensione di:
Saramago, J., Storia dell'assedio di Lisbona (1989). Trad. it. Einaudi, 2000.
(regalato; tempo di lettura, 11 ore/treno) |
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