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Tra vento e vertigine
Nel
2004 io, mia moglie e nostra figlia di due anni abbiamo
trascorso un mese in giro per i parchi nazionali americani,
dormendo delle volte in tenda delle altre nei motel, come a Moab, un
piccolo paese nello Utah, straordinario
stato di roccia rossa e deserto. Di Moab ricordo la piscina d'acqua
calda con idromassaggio del motel, che ha fatto la felicità di
nostra figlia, una gustosa bisteccheria, e le numerose agenzie per
l'outdoor: cavallo, arrampicata, discesa del Colorado...
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Il posto
perfetto per un tipo come Steph Davis. La capisco: lo Utah ha una malia
senza uguali; selvaggio, caldo, pieno di solitudine e pareti. Ma
in
quanti l'avrebbero fatto? Scartare da un sentiero lavorativo ben
tracciato - una promettente carriera universitaria - e da una
consolidata passione - anni di studio del pianoforte - per scegliere di
vivere nel retro di un pick-up, in compagnia di un cane,
vagabondando sulle pareti più belle d'America. Moab, la tana.
Per
riposare, per trovare periodicamente un lavoro saltuario, per avere
un centro cui ancorare una eccezionale forza centrifuga. |
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Molto
più a nord, Yellowstone. Sono stato anche lì. C'è
una falesia, che garantisce solitudine e lunghe fessure, sulle pareti
del Fermont Canyon, e tanto silenzio. Interrotto solo dal passaggio di
rare automobili sull'alto ponte metalicco. Al termine di
una giornata Steph ha voglia di rinfrescarsi, e come molti
climber della zona si cala con la corda dal ponte, fino a sei-sette
metri dal pelo dall'acqua, poi... splash! Immagino che come tutti
i
torrenti di montagna la temperatura sia poco sopra i
quattro gradi. Brrr. Ripenso a simili tuffi in cui mi sono cimentato
anch'io, e di fatto scopro la forza della sua scrittura: ti parla di
arrampicata per parlarti d'altro. Anche di te, ma non solo. Voltata la
pagina scopriamo una storia di violenza ed orrore, in quel paradiso
terrestre che è Yellowstone. Anni addietro, due sorelle, prima
stuprate, quindi gettate proprio da quel
ponte. Per un miracolo, una delle due sopravvive. Si rifà
una vita: si trasferisce a Casper, s'innamora, intraprende una
professione di successo alla radio. Fino a che il mostro rimasto dentro
un giorno la riporta su quel ponte, da cui si suicida. |
Dean,
il marito di Steph, arrampica anche lui. Assieme compiono spedizioni in
Groenlandia, in Patagonia, in Asia. Sono racconti forti, dove la forza
sgorga dalla essenzialità delle esperienze e dall'asciuttezza
della penna. Ma l'avventura, come dicono tutti i più grandi
esploratori, è prima di tutto dentro di noi. Non soprende quindi
che il luogo più amato sia a poche ore di macchina da Moab:
Yosemite, con le più belle e famose big wall di granito del
mondo. Insofferente del mitico Camp Four, Steph vive nascosta in una
valle poco battuta, dove con il marito ha affittato una piccola baita.
Ogni mattina parte per la parete, ed ogni sera - a meno di bivacchi -
vi ritorna. Ed un bel giorno corona un sogno: libera la celebre Salathé.
Quasi dieci giorni di lotta titanica, prima di lasciarsi sotto i piedi
anche l'ultima goccia di quell'incredibile mare di granito
verticale. E prova qualcosa che rappresenta uno
dei misteri dell' andare in montagna: |
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Collegamenti:
< Steph Davis
Il suo sito, da cui sono tratte le foto qui utilizzate
< National Park Service
Il portale ufficiale dei Parchi Nazionali Americani, per saperne di più, per inizare a programmare un viaggio |
"Per
conquistare la Salathé avevo dato fondo a ogni minima riserva,
combattuto con ogni fibbra del mio corpo. [...] Una volta placatosi
l'entusiasmo, però, cominciai a sentirmi vuota. Non era la prima
volta, anzi: al termine di ogni grande impresa alpinistica, dopo la
gioia per il trionfo, arriva sempre un periodo di apatia ugualmente
profondo, e quella scalata non sembrava fare eccezione. Proprio come
l'esaltazione vissuta in cima alla Salathé, la depressione che
provavo adesso era incredibilmente intensa. Non avevo mai sperimentato
niente di simile".
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(gennaio 2009) |
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Recensione di:
Davis, S., Tra vento e vertigine. Edizioni Versante Sud, 2008.
(regalato) |
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