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La strada
Avrei scommesso sulla monotonia di questo libro e sulla sua tristezza, andando a patta.
Erri De Luca ha scritto In nome della madre (Feltrinelli,
2006) per raccontare la storia della madre - e del padre, soprattutto
del padre - di Ieshu, nato a Bet Lèhem, pasta cresciuta in
Miriàm senza lievito d'uomo. "Il bue ha muggito piano, l'asina
ha sbatacchiato forte le orecchie. È stato un applauso di bestie
il primo benvenuto al mondo di Ieshu, figlio mio".
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Nella prima notte insieme, Miriàm
pensa al mondo che di fuori li aspetta, lontano dal calore animale
che avvolge e protegge, ed immagina: "Che felicità sarebbe, nessun
obbligo all'infuori di vivere. Finché dura la notte è così".
E la notte dura a lungo ne La strada, storia di un uomo ed un bambino che spingono un carrello, con dentro
tutto ciò che possiedono: un telo di plastica, delle coperte,
alcune scatole di fagioli e carne, un cacciavite, una tanica d'acqua,
poco altro. Il sole è nascosto dalla cenere che riempie l'aria e
si appiccica sotto le scarpe come zucchero filato cattivo. I due vanno
a sud, alla ricerca di un po' di caldo, con "nessun obbligo all'infuori
di vivere", ma senza felicità. |
Cormac McCarthy
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Sono
sopravvissuti in pochi, e tra quei pochi i buoni sono ancora meno. Il
bambino è senz'altro uno di loro, il padre forse. Le loro
giornate sono scandite da compiti precisi: trovare cibo, trovare acqua,
trovare riparo. E camminare, procedere, spostarsi, proseguire,
muoversi, incedere, imporsi. La scrittura di McCarthy è scarna,
cupa e serrata come la storia che racconta. I periodi sono brevi. I
paragrafi corti, spezzati da righe bianche, che rendono i lunghi
silenzi tra le rade frasi scambiate. Il padre ed il figlio parlano
poco, e quel poco McCarthy ha scelto di riportarlo semplicemente
andando a capo ad ogni frase. Le virgolette, che indicano i dialoghi e
quindi per l'occhio rappresentano voci
squillanti, versi sonori, chiacchiere colorate, in questo libro non ci
sono. Senza, i discorsi s'intonano meglio alla cromaticità
grigia del cielo e
della strada, e non ci sembra più che venga riferita una
conversazione, ma pensieri silenziosi.
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"Esiste un'enorme zona d'ombra - scrive Javier Marías - in cui
solo la letteratura e le arti in genere possono penetrare [...] non per
illuminarla o rischiararla, ma per percepirne l'immensità e la
complessità: è come accendere una debole fiammella che
perlomeno ci consenta di vedere che quella zona è lì, e
di non dimenticarlo " (nell'appendice di Un cuore così bianco, Einaudi, 1999). La strada attraversa
la zona d'ombra, e l'uomo ed il bambino portano con sé una
debole fiammella. Trepidanti, li accompagniamo trattenendo il respiro,
sperando che la vampa resista.
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Un
libro coinvolge quando tocca alcune corde personali, ed è qui il
caso. Il personaggio del padre di un bambino ha
suscitato immedesimazione (senz'altro più di quella con
Juan, il protagonista di Un cuore così bianco,
interprete poliglotta senza figli; il libro di Marias è comunque
splendido). Impossibile leggere le pagine e non pensare: ed io? cosa
avrei fatto? e soprattutto: ce l'avrei fatta? I due,
poi, camminano per tutto il libro, ed è un richiamo continuo,
concreto, di sensazioni conosciute, seppure in un contesto
diverso. La pizzica della terza corda si deve invece all'asciutta
essenzialità della trama - "trovare cibo, trovare acqua,
trovare riparo" - che inchioda i protagonisti alla nudità
primordiale della nostra natura: vivere. (Nudità che i
millenni di evoluzione hanno vestito di un panno
metafisico - qual è il senso di vivere? - che l'olocausto
descritto nel libro ha stracciato ma non rimosso). Infine, la
storia di un uomo
che, come lo Iosef di Erri De Luca, sceglie di subire il proprio
destino, così ricavando la forza necessaria.
Tornano alla mente le parole pronunciate da rabbi Zusya di Hanipol:
"Nel mondo a venire non mi verrà chiesto: Perché non sei
stato Mosè? No. Mi verrà chiesto: Perché non sei stato Zusya?".
La strada è immensamente triste, affatto monotona, commovente. |
(dicembre 2007) |
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Recensione di:
McCarthy, C., La strada (2006). Trad. it. Einaudi, 2007.
(acquistato per 16.80 euro) |
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